LA MONTA MAREMMANA
Dal: "Manuale Tecnico di Monta Maremmana"
a cura di:
Italo Molinari - Marino Mancini
Antonio Bonelli - Fabio Sabatini
La monta maremmana una monta da lavoro
Per monta si intende il modo di andare a cavallo definito in base alla specifica bardatura, agli aiuti che il cavaliere usa per comunicare al cavallo la propria volontà ed infine al tipo di atteggiamento che il cavallo assume ed ai movimenti che riesce a compiere in vista dell'impiego in particolari condizioni, ciò premesso si può dire che tutte le monte da lavoro tendano al medesimo fine: addestrare nel modo migliore il cavallo che deve cooperare con l'uomo nel lavoro con il bestiame in campagna.
Tuttavia, una volta riconosciuta questa comune finalità si deve osservare che ciascun tipo dr monta da lavoro. pur facendo riferimento agli stessi principi fondamentali ha sviluppato il tema in modo diverso a seconda delle particolari esigenze delle tradizioni e della cultura locale, cosi come naturalmente il tipo di monta ha influenzato l'evoLuzione genetica morfologica ed attitudinale del cavallo.
In ogni caso il cavallo che lavora in campagna con il bestiame, deve possedere in modo spiccato alcune qualità: equilibrio, sia fisico che psichico, agilità. resistenza, disponIbilità al lavoro e coraggio.
L'equilibrio è essenziale per affrontare nel modo migliore le difficoltà che si incontrano in campagna, quali ripide discese, salite, passaggi obbligati, ecc. ecc., ma altrettanto importante è disporre di un cavallo psicologicamente equilibrato, che non sia eccessivamente reattivo rispetto agli imprevisti ed alle difficoltà, che accetti con serenità i comandi del cavaliere, che sia ben disposto verso il lavoro.
Il cavallo da lavoro deve essere agile, in quanto gli si richiede di essere sempre pronto ad effettuare rapidi movimenti, cambiamenti di direzione. scatti brucianti per controllare il bestiame o por superare difficoltà in campagna.
Il coraggio è un'altra dote assolutamente indispensabile per affrontare il bestiame, specialmente i bovini di razza maremmana che, con le loro lunghe corna ed il carattere ruvido e combattivo, non hanno alcun timore nell'attaccare sia l'uomo che il cavallo.
Infine la resistenza che è richiesta per lavorare all'aperto, spesso per un'intera giornata ed in condizioni particolarmente avverse.
Tulle queste doti caratteriali e fisiche sono quasi sempre presenti nel cavallo maremmano ma vengono esaltate dalla monta maremmana e dall'abitudine al lavorare
in campagna cosi dunque la resistenza del cavallo presuppone la capacità del cavaliere di rimanere in sella a lungo senza essere troppo oppresso dalla stanchezza: ecco quindi l'utilità della staffatura lunga e della possibilità che questa offre di rilassarsi senza il rischio di essere sorpreso da movimenti improvvisi del cavallo, e soprattutto l'uso della briglia con redini a "mazzetto", per la cui utilizzazione è sufficiente l'impiego di una sola mano, lasciando altra libera per le altre necessità.
Anche la particolare bardatura in uso nella monta maremmana determina in buona parte l'assetto e lo stile di monta.
L'agilità e l'equilibrio del cavallo possono essere correttamente sfruttate se si riesce a sviluppare un sistema di comandi e aiuti molto preciso. Nella monta maremmana questa esigenza è stata risolta adottando la briglia ed il morso che impone al cavallo una ubbidienza attenta ed immediata nel fermarsi e nel cambiare repentinamente direzione, inoltre i rapidi spostamenti del cavallo e le piroette richiedono ai cavaliere un assetto molto solido ed a tal fine sono rivolte la staffatura lunga, il profondo seggio della sella, la posizione eretta del busto e l'atteggiamento elastico e sciolto del cavaliere.
In particolare per quanto riguarda la sella:
La bardella è molto imbottita e conformata in modo da offrire un'ampia superficie di appoggio al cavaliere. L'arcione è piuttosto rilevato ed il seggio molto profondo e le gambe hanno quindi un appoggio naturale.
Il cavaliere ha un'immediata sensazione di sicurezza e può quindi assumere un atteggiamento più rilassato.
Con tale sella è poco agevole effettuare il trotto leggero, in quanto il cavaliere trova difficoltà a sollevarsi ed uscire dal seggio per "battere la sella".
La scafarda è strutturata sulla base della classica sella da batteria di tipo militare.
E' progettata per consentire un'ottima aerazione del dorso del cavallo ed una razionale distribuzione del peso sui cuscini laterali. il seggio è meno profondo ed anatomico che nella bardella; quindi il cavaliere ha una maggiore possibilità di movimento.
Tuttavia anche con essa si usa il trotto solo in casi eccezionali. Qualunque monta da lavoro ricerca il massimo grado di unione con l' cavallo e ciò porta ad escludere il trotto rilevato (che è un'andatura poco equilibrata e che per di più, come abbiamo visto, è resa difficile dalle particolari bardature utilizzate). Per contro si tende ad escludere anche il trotto seduto che è un'andatura troppo faticosa per chi come il buttero maremmano, deve rimanere in sella per lunghi periodi di tempo e compiere spostamenti anche di notevole entità.
E dunque, normalmente al trotto si preferisce il passo possibilmente allungato, con cui si possono compiere percorsi lunghissimi senza affaticare eccessivamente il cavallo o iI galoppo cadenzato che fa aumentare notevolmente la velocità pur essendo ben tollerato da cavalli allenati.
L'origine della monta con la briglia e con la staffatura lunga si perde nella notte dei tempi essendo il tipo di monta che meglio si adatta alle esigenze della cavalleria in battaglia (la mano libera usava la lancia o la spada).
In Spagna al tempo dei crociati esistevano già due tipi di monta le cui caratteristiche possono essere riscontrate anche oggi nei diversi fondamentali modi di montare.
In particolare un tipo di monta era detto "a la brida" ed era caratterizzato da staffatura lunga, sella imbottita e arcione e paletta abbastanza rilevati. E questo può essere considerato il precursore di tutte te moderne monte da lavoro.
Un secondo stile di monta. detto "a la gineta" , certamente importato dai cavalieri saraceni, prevedeva la staffatura corta con assetto in avanti al galoppo veloce.
Questo secondo modo di montare può essere considerato all'origine della moderna monta all'inglese.
Nella monta maremmana gli aiuti che il cavaliere impartisce al cavallo sono gli stessi utilizzati nello stile classico, anche se, ovviamente, vengono dati in modo diverso: quindi un cavaliere che monta alla maniera classica non incontrerà difficoltà ad adattarsi alla monta maremmana ne d'altra parte risulterà controproducente per coloro che volessero imparare la monta maremmana apprendere direttamente i primi rudimenti di equitazione in una Scuola classica, in entrambi gli stili si usano sia gli aiuti naturali come gambe, mani, assetto, peso, voce, sia quelli artificiali come speroni o frustini. Gli aiuti di speroni dovrebbero essere usati con parsimonia. Gli aiuti dati dalle mani. attraverso le redini ed il morso devono essere accompagnati dal giusto uso delle gambe e tener conto della particolare durezza del morso maremmano.
LA BARDATURA
Per bardatura o "armatura", si intende tutto il complesso di finimenti ed oggetti di selleria che vengono applicati al cavallo per consentire al cavaliere di montarlo. In gergo maremmano
"armare" il cavallo indica l'atto di porgli addosso la sella e gli altri finimenti. questo è probabilmente un retaggio di significati e terminologie in uso nel passato.
Gli antichi cavalieri, infatti, "armavano" i loro cavalli vestendoli di armature più o meno estese e pesanti per difenderli dai colpi degli avversari.
La monta maremmana, per la particolarità del lavoro cui è rivolta e per le lunga tradizione consolidata, utilizza una bardatura speciale che differisce molto sia da quella inglese classica, sia da quella di altre monte da lavoro, per giunta, anche nella stessa monta maremmana si debbono distinguere due tipi diversi di bardatura, conducibili alle due scuole tradizionali: la TOSCANA e la LAZIALE.
IL MORSO
Il morso è una delle imboccature classiche. Esso agisce sulle barre con un effetto di leva (Leva di secondo grado, in quanto la resistenza che agisce sulle barre si trova tra la potenza - campanello delle aste dove si attaccano le redini - e il fulcro - punto di attacco del barbozzale).
La parte superiore delle due aste (rispetto al cannone) si chiama "stanghetta" e termina con un occhio in cui si affibbia la testiera, la pane inferiore detta "guardia" finisce con una campanella a cui si attacca la redine.
Il "barbozzale" o "borchiatella" (catenella a maglia piatta che cinge la barbozza) ha la funzione di consentire l'effetto di leva ed è agganciato ai due occhi del morso.
Il morso permette un controllo molto efficace delle azioni del cavallo della velocità e della direzione del movimento ed infine anche del portamento del cavallo e del grado di riunione dello stesso.
Il morso deve essere di misura adeguata alla bocca del cavallo.
La scuola toscana utilizza un morso intero con libertà di lingua di vario grado, (il cannone è formato da una barra che al centro forma un arco che evita lo schiacciamento della lingua mentre le due parti laterali appoggiano sulle barre).
La scuola laziale utilizza morso spezzato (il cannone è spezzato al centro ed è in tutto simile al filetto, ma le due parti del cannone sono leggermente piegate in avanti. Le due estremità laterali del cannone sono saldate a due aste laterali piatte e di media lunghezza).
Entrambi i morsi sono dotati di barbozzale e quello laziale anche di falso barbozzale, (catenella che collega le parti inferiori delle due guardie per evitare un eccessivo allargamento, detta anche "cavarola".
Il barbozzale prima di essere agganciato, deve essere girato su se stesso in modo che le maglie risultino tutte sullo stesso piano. Non deve essere ne lento ne tesato ma tale da permettere il passaggio di due dita tra la catenella e il mento del cavallo.
LA TESTIERA
La Testiera è un finimento che cinge la testa del cavallo e che serve per sostenere il morso. La testiera è composta da:
- Sopracapo - una larga striscia di cuoio che appoggia sulla nuca;
- Frontalino - una striscia di cuoio che trattiene i due montanti e cinge la fronte,
- Montanti - che scendono dai sopracapo e vanno a sostenere il morso ai quale sono Issati mediante due fibbie;
- sottogola - che scende sempre dal sopracapo e cinge la gola.
Il sottogola deve essere allacciato In modo da consentire il passaggio di quattro dita. La lunghezza dei montanti deve essere giusta cosi che il morso non venga fissato troppo in basso o troppo in alto e non arricci il margine delle labbra.
Il frontalino deve essere di larghezza adeguata in modo da non stringere troppo la fronte, specialmente vicino alle orecchie. La testiera si trasporta prendendo con la mano destra i sopracapo e le redini a circa la metà della loro lunghezza. Per Infilarla ci si avvicina alla spalla sinistra del cavallo e rivolgendosi verso l'avanti si solleva la mano sinistra (che regge il sopracapo) fino all'altezza delle orecchie cosi che il morso arrivi all'altezza della bocca. Si appoggia quindi il pollice della mano destra tra le labbra nel punto di inizio della barra solleticando cosi il cavallo ad aprire la bocca. Quando il cavallo apre la bocca si
infila il morso e contemporaneamente si passa il sopracapo sopra le orecchie. Si allaccia quindi il sottogola e infine si sistema il barbozzale. Per una perfetta sistemazione della testiera e degli altri finimenti, sì deve fare in modo che tutte le fibbie (della camarra, della testiera ed eventualmente del capezzone) siano portate alla stessa altezza.
LA BRIGLIA
Per briglie in senso proprio si intendono le redini del morso. Queste sono costituite da due fettucce di cuoio lunghe circa due metri e larghe circa 25 cm. Ad una estremità portano due fibbie (con le quali si fissano al morso) mentre all'incirca dalla metà della lunghezza fino all'altra estremità sono tenute insieme da alcuni passanti cuciti. Il primo di tali passanti detto "registro" non è cucito e può quindi scorrere sulla brIglIa (dalla metà in direzione dei morso).
Quando il cavaliere intende riprendere in mano il cavallo, con la mano destra fa scorrere in avanti questo passante in modo che le redini vengano unite più vicino al collo e questo in un cavallo ben addestrato, è sufficiente per far sentire in modo più preciso l'azione del morso. In senso lato con "briglia" si intende tutto l'insieme costituito da testiera, morso e redini.
E così si usa dire, ad esempio "montare di briglia" per intendere il modo di montare
con una sola mano che utilizza il morso come imboccatura.
IL CAPEZZONE
Il capezzone
è un finimento usato esclusivamente
nella monta maremmana ed è utilizzato nelle prime fasi della doma,
soprattutto nella maremma laziale. Il capezzone
è costituito da una testiera formata da un sopracapo e due montanti di cuoio largo e spesso la cui lunghezza è regolata per mezzo di una fibbia.
I montanti terminano in due larghi anelli di ferra (cm. 8 circa di diametro) che sI vengono a trovare all'incirca all'altezza dei margini della bocca.
AgIi anelli è fissata una catena di ferro rivestita di stoffa e foderata in pelle che appoggia sul muso del cavallo. Agli anelli sono affibbiate due redini, chiamate "lasse" o "suste" di corda di canapa a quattro trefoli e rivestite di pelle alle estremità. La lassa affibbiata all'anello di sinistra passa sotto il mento del cavallo e attraverso l'anello di destra termina nella mano destra del cavaliere, quella affibbiata a destra passa nell'anello di sinistra e viene tenuta dalla mano sinistra.
In tal modo le lasse del capezzone, quando vengono tirate, si stringono sul muso del cavallo inducendolo ad obbedire ai comandi del cavaliere. Inoltre le chiamate con una sola lassa (comando per la girata o per la piroetta sul posteriore) hanno un effetto che è in pane anticipatore di quello del morso in quanto ogni chiama agisce come una componente di
forza dall'avanti all'indietro e una componente nel senso della direzione del movimento sull'anello esterno. Tale ultima azione, in particolare è molto simile a quella del morso. Le "lasse" o "suste" vengono usate anche come frusta soprattutto per sollecitare il cavallo ad eseguire l'ordine di spostamento laterale nella piroetta. Nel momento in cui il capezzone viene tolto e si passa ad usare la briglia "asciutta" inizia la fase della "sbrigliatura".
LA CAPEZZA
La capezza maremmana è un finimento di straordinaria semplicità che può essere confezionato in pochi minuti da una persona esperta disponendo esclusivamente di un pezzo di corda di canapa a quattro trefoli lungo circa tre o quattro metri. La testiera è ricavata mediante due "impiombature" (nella impiombatura i trefoli della corda vengono serrati facendoli passare sotto agli stessi nel corpo della corda) a
livello dei punti di attacco dei due montanti. Il capo della capezza
viene anch'esso "impiombato" in un modo particolare chiamato
"spighetta" per la sua caratteristica forma che ricorda una spiga di
grano.
Con tali impiombature si ricava una parte verticale (che viene appoggiata sopra la nuca del cavallo e scende lateralmente a destra e a sinistra con i due montanti) e che sostiene la parte orizzontale che è costituita da un laccio scorrevole (che anteriormente si appoggia sul muso del cavallo e che posteriormente cinge il mento per poi scorrere attraverso una larga asola formata dalla corda stessa) cosi che, tirando, il laccio si stringe attorno al muso del cavallo.
La capezza viene usata per "dare il giro" al cavallo sia allo "staccione" (chiamato anche "giudice" o "omo di legno") che sottomano come una lunghina e può essere utilizzata in ogni fase del lavoro con il cavallo. Un'importante particolarità della capezza maremmana e che facendo scorrere entro l'asola anche la parte che normalmente appoggia sul naso del cavallo, si ottiene un laccio fisso abbastanza ampio che viene utilizzato. passandolo intorno al collo per dare il giro al cavallo senza che si stringa nel caso che il cavallo tiri. Tale uso è detto anche alla "Tolfetana".
Nel
cavallo armato con la briglia, si usa mettere al collo la capezza che può essere usata in caso di sosta per legare il cavallo. In tal caso, per evitare che la capezza scenda lungo il collo della cavalcatura si deve usare l'accorgimento di fissarla alla fibbia del sottogola. L'altro capo della capezza viene arrotolato e legato alla campanella anteriore sinistra della
sella.
Il Buttero smontando da cavallo, usa la capezza per legare la cavalcature e gli lascia la briglia poggiata sul collo. Onde evitare possibili inconvenienti, si raccomanda di legare sempre la cavalcatura "a corto" scegliendo un punto intorno al quale il cavallo non possa girare. La capezza
è uno strumento utilizzato nelle prime
fasi della doma maremmana e, a seconda che venga usata come laccio
fisso o come testiera, viene impiegata nelle due attività iniziali di addestramento del cavallo prima la così detta "rottura di collo" (Per rottura di collo si intende l'addestramento del cavallo a torno all'uomo trattenuto dalla corda sul collo. La
rottura di collo abitua il cavallo a cedere il collo e a girare flettendo in modo uniforme il corpo a partire dal collo) e poi la "rottura di testa" (La rottura di testa consiste nell'addestrare il cavallo a girare trattenuto dalla capezza che cinge la testa e che in caso di tirate del cavallo ne stringe il muso. Con la rottura di testa il cavallo impara a cedere anche la testa e a fletterla lateralmente nella direzione del movimento. Ciò è molto utile nelle successive fasi dell'addestramento
perché anticipa la risposta che il cavallo deve saper dare all'azione della briglia e del capezzone).
Nel tondino per catturare un cavallo, questo deve essere fatto girare in senso antiorario in
modo che l'uomo, usando normalmente la mano destra per usare la lacciaia possa lanciarla dai dietro in avanti. Il laccio stesso infatti raggiungerà il cavallo da dietro e sfiorandolo cadrà oltre la testa.
All'opposto se si deve catturare una vacca: la lacciaia in tal
caso deve cadere dall'alto in basso e dal davanti all'indietro per non essere intralciata dalle lunghe corna e quindi, a meno che l'uomo non sia mancino, la vacca deve essere fatta girare in senso orario.
LA LACCIAIA
E' una semplice corda di canapa a quattro capi di sufficiente diametro (1.5/2 cm.) che porta "impiombato" ad una estremità un anello di ferro di circa 6/8cm. di diametro ed all'altra una impiombatura che ne impedisce lo sfilacciamento. Passando il capo libero dentro
l'anello si ottiene un laccio scorsoio che viene messo intorno al collo dei cavallo per lavorarlo allo staccione o utilizzato per catturare il bestiame (vacche e cavalli allo stato brado).
In effetti questo è il primo strumento in assoluto che si usa per cominciare il lavoro di doma del cavallo nella prima fase della cosi detta "rottura di collo".
LA SELLA
Come accennato più sopra la selle in uso In maremma sono tre. la "bardella", la"scafarda" e la "sella col
pallino". Queste tre bardature sono impiegate soprattutto per area
geografica e cioè in Toscana prevale l'uso della "scafarda" e della "sella col pallino" mentre nel Lazio prevale la "bardella".
Alla base di tale fenomeno ci sono ragioni storiche, economiche e culturali, che non è qui il caso di approfondire ma è sufficiente per le finalità di questo lavoro ricordare che:
- La "sella col pallino". che è ritenuta la più antica è di evidente derivazione spagnola e certamente è stata importata in maremma a seguito della lunga dominazione spagnola dell'area dall'Argentario e di Orbetello con lo "Stato dei presidi".
- La "bardella" attuale sembra discendere dalle ampie selle rinascimentali imbottite e con arcione molto rilevato. Le forme più arcaiche della bardella sono visibili nelle antiche foto o nelle stampe che ritraggono i
butteri della campagna romana.
- La "scafarda" è la sella originariamente usata dalla cavalleria
italiana. E' una sella meno razionale e adatta a un impiego prolungato. La sua diffusione soprattutto nella maremma toscana è certamente legata alla più che centenaria presenza del Centro Allevamento quadrupedi dell'Esercito a Grosseto.
LA BARDELLA
La bardella è una delle selle tipiche de Buttero Viene usata prevalentemente nel Lazio in Campania ed in Abruzzo. Nel Lazio. dove è più diffusa può essere di vari tipi a seconda del paese di provenienza, Viterbese,
Tolfetana ecc... Le differenze sono minime. L'origine del nome potrebbe essere la parola araba "bardaah" sella senza arcione. Il corpo e costituito da un sacco di tela o di canapa a forma più o meno ovalizzata e divisa da cuciture. Il corpo viene riempito di capok o di derivati della lana ben pressati, date le difficoltà attuali di reperire il crine di cavallo materiale usato anticamente. I laterali invece, uniti al corpo mediante cuciture longitudinali, vengono imbottiti di paglia di grano. Un tempo si usava la paglia di orzo dato il suo amalgama più morbido.
L'arcione In legno viene anch'esso imbottito con lunghi steli di paglia di grano; cucito al corpo e bordato con striscia di cuoio.
L'imbottitura completa crea sul davanti della bardella due rigonfiamenti detti "pagnotte" o appoggi, sulla parte posteriore un rialzo a
mo di poltrona chiamato fascione.
Sia il corpo che i laterali nonché l'arcione, vengono infine ricoperti dal cuscino in pelle opportunamente cucito per evitare rigonfiamenti dannosi e antiestetici. In particolare le "ali" della bardella sono cucite in modo tale da formare
dei rosoni con disegni di fiori, al fine di rendere sempre più spianate le parti soggette ad attrito col corpo del cavaliere.
Completa la bardella il seguente indispensabile corrodo:
- Pettorale o petto : Striscia di cuoio robusto, cucito doppio e fissato ai due anelli dell'arcione mediante fibbie Esso parte da un lato della bardella, circonda il petto del cavallo e risale dall'altro lato, interrotto al centro da un anello. A tale anello è appeso lo "scacciamosche", pendaglio di cuoio a forma di campana. Il pettorale serve a non far scivolare la bardella all'indietro.
- Groppiera : Striscia di cuoio cucita doppia che partendo dalla bardella a cui è fissata da una fibbia inserita in un anello, si biforca in due, formando un'asola (codalino) per permettere il passaggio della coda del cavallo. Il codalino è formato da una corda in canapa foderata in cuoio e cucito alla groppiera nel punto di biforcazione. La groppiera serve a non far scivolare la bandella a destra o a sinistra o in avanti.
- Staffe : le staffe sono in ferro ed a forma di campana. Si usano anche staffe molto larghe per motivi di sicurezza.
- Sottopancia: Formato da una striscia in cuoio, cucita su di una Larga striscia in tela robusta. Essa termina con due capii guarniti da anelli in ferro a forma di
mezzaluna. Altri due anelli sono cuciti ad intervalli regolari lateralmente al sottopancia e nei pressi del capo di ritorno.
Questo ultimo ha come suo prolungamento una striscia di pelle dl. bufalo (o altra pelle resistente) di lunghezza pari a circa un
metro detto "sguinzaglio". Esso serve a legare il sottopancia alla bardella con un nodo particolare a cravatta con punto di attacco finale alla groppiera.
La bardella da doma è chiamata anche "bardellone" ed è ancora più ampia e profonda e con finiture più robuste.
LA SCAFARDA
Sella usata dalla cavalleria italiana.
Si compone di:
- Un arcione in legno formato da un arco anteriore attraversato da una chiavarda in ferro, da un arco posteriore con paletta attraversato pure da una chiavarda in ferro, da due bande a forma piatta congiunte agli archi a mezzo di calettature e di allacciature, di due porta staffili allacciati alle bande, di un passante allacciato all'arco posteriore, di due passanti di cuoio all'estremità anteriore delle bande. (che servono per fissare il pastrano alla sella mediante corregge
di cuoio), di un seggio di cuoio rinforzato assicurato ai due archi ed allacciato alle bande;
- Una cinghia di cordellina di canapa, fissata con tre punte contro cinghia di cuoio per lato; - Due cuscinetti sottobanda (rivestiti di robusto cuoio alla parte esterna, mentre la parte interna è imbottita di crine e rivestita di tela) che vengono fissati all'arcione;
- Due staffili di cuoio, che reggono le staffe;
- Due staffe di erro;
- Un cuscino da sella (fatto all'esterno di cuoio, mentre la parte interna è imbottita di crine e rivestita di tela) ricopre l'arcione e assicura un comodo seggio al cavaliere;
- Una copertina sottosella di lana. piegata in quattro che serve a proteggere il dorso del cavallo dalle fiaccature.
La scafarda viene spesso guarnita con una bisaccia doppia di tela o di lana e ricoperta di pelle di capra assicurata alla paletta, dentro la quale è contenuto il corredo del cavaliere.
Il peso della sella così descritta si avvicina a Kg. 18.
SELLA COL PALLINO
o BUTTERA
La sella col pallino assomiglia moltissimo alla sella "vaquera"
spagnola e ciò spiega il motivo per cui è sempre stata considerata un'ottima sella mandriana.
E' realizzata in cuoio doppio e l'arcione è in legno di fico con
rinforzi in ferro. Il sottopancia ha i riscontri a fibbia.
L'arcione ha un pomo di legno non molto rilevato: il cosiddetto "pallino" da cui la sella prende il nome.
Caratteristico è il cosiddetto "bardellino", una specie di cuscinetto imbottito che fissato al
sottocoda evita lo sfregamento del finimento di cuoio sulla groppa del cavallo.
Altra caratteristica è la "berta", una piccola striscia di cuoio attaccata al pallino a cui viene fissata la "lacciaia". Le staffe sono a forma di campana ed originariamente erano molto piccole ad evitare che il piede potesse rimanere staffato.
LA CAMARRA
La camarra è una martingala fissa e serve per impedire al cavallo di alzare la testa in modo eccessivo. E' formata da una testiera con catena foderata in pelle che stringe il muso del cavallo ed è collegata al sottopancia passando sotto il pettorale.
L'
UNCINO
L'uncino
è un bastone di legno che termina ad
una estremità con un uncino appunto e
all'altra con una forcina. E' generalmente realizzato in legno di
Corniolo ed è usato dal buttero nel lavoro quotidiano per aprire e
chiudere cancelli rimanendo in sella, e nel tondino per lavorare con
cavalli e vitelli senza dovervisi avvicinare troppo.... L'uncino non
a caso è detto il terzo braccio del buttero... Nella Maremma
Laziale si usa invece la Mazzarella, un bastone simile all'uncino ma
privo della forcina e dell'uncino.
BARDATURA COMPLEMENTARE
"Le verte"
: sono due tasche ricavate ripiegando su se stessi i capi opposti di una striscia di tela robusta. Esse vengono poste a cavallo della bardella davanti o dietro Il cavaliere. Non hanno chiusura. E' la forma più antica di bisaccia.
"La catana" : Tascapane in cuoio chiuso con cinghietta e fibbia. munito di una tracolla lunga circa un metro. si appende alla parte destra della bardella, con la tracolla passante attraverso la campanella posteriore sinistra della bardella stessa.
"Le bisacce" : due borse in pelle rettangolari chiuse cori tre cinghiette per parte e unite tra loro con due strisce di pelle poste ai vertici delle tasche. Le due strisce passano a cavallo della bardella, una al centro e l'altra posteriormente sopra la groppiera. Di solito le iniziali del proprietario vengono ricamate sui lati.
Con la scafarda si usano in genere bisacce di tela ricoperta di pelle di capra nera assicurate alla paletta.
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