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IL LAVORO CON IL BESTIAME

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Non esisterebbe il buttero senza il bestiame brado...

Spostare, dividere, controllare le Vacche di razza Maremmana; ed una volta all'anno, radunare i giovani vitelli per la marchiatura, (la 'Merca'), il segno indispensabile per riconoscerli quando sono in libertà nei campi. E naturalmente l'allevamento dei Cavalli Maremmani; incavezzare per la prima volta i puledri, per poi iniziarne la doma e trasformarli con il tempo in cavalli pronti ad affrontare ogni prova con il loro buttero in sella.

Un esempio di questo lavoro viene offerto dall'Associazione Butteri d'Alta Maremma negli Spettacoli che vengono svolti durante l' estate  nelle strutture del Puntone di Scarlino dove, con le Bandite di Scarlino, ha reintrodotto nell'omonimo Padule di Scarlino l'allevamento allo stato semi brado della Vacca Maremmana

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LA MERCA DEL BESTIAME

Con fatica e incitamenti, aiutandosi con lunghi bastoni, le mandrie venivano guidate ad un recinto. Maggiore era l'attenzione se si trattava di bovini di razza Maremmana, forti, dalle lunghe corna e di mole robusta che possono diventare estremamente aggressivi se irritati. Dal recinto ogni animale è separato dal gruppo (sbrancato) dai butteri a cavallo, e indirizzato verso il tondino (recinto circolare), per la marchiatura, o allo strettoio se necessita  di cure, dove viene immobilizzato e sottoposto ai trattamenti.

Nel tondino se ad essere sottoposto alla merca è un vitello, entrano 3 uomini, nel frattempo sul fuoco sono stati posti a riscaldare i marchi da apporre, uno per l'anno di nascita o di marchiatura, uno per il numero progressivo dell'animale, che verranno impressi ai lati della groppa, ed infine quello che rappresenta il simbolo dell'allevamento, sarà visibile sulla coscia. Il vitello maremmano ad un anno è già sviluppato, agile e forte per la vita libera che ha condotto, e dentro il tondino è estremamente nervoso  per essere stato separato dal gruppo e dalla vicinanza degli uomini, quindi tutt'altro che arrendevole, atterrarlo e impastoiarlo sarà operazione poco semplice che si può svolgere in due modi con la lacciaia o a lotta:

Nel metodo con la lacciaia si utilizza una corda lunga 10/12 metri, la lacciaia appunto, che ha ad un capo un anello di ferro dove si fa passare il capo opposto, per formare il cappio , da lanciare  sulle corna del vitello. Chi lo adopera si pone vicino al palo fisso posto nel centro del tondino detto giudice, mentre un compagno fa girare il vitello nel tondino in senso orario in modo che la l'acciaia arrivi sull'animale dal davanti (contrariamente a quanto avviene per i puledri che vengono fatti girare in senso antiorario e la corda arriva alla testa del cavallo da dietro), chi tiene la lacciaia catturerà l'animale e quando sarà preso, la corda verrà velocemente avvolta allo steccato e recuperata  con cura, per impedire la libertà di movimento al vitello. A questo punto si può operare in due modi o atterrarlo con le pastorelle o a lotta.

Se si usano le pastorelle uno dei butteri lo afferra il vitello per la coda mentre gli altri due passano velocemente  le pastorelle intorno alle zampe, simultaneamente verranno infine tirate sia la corda che imprigiona le zampe anteriori che quelle posteriori, in modo da far coricare sul lato sinistro l'animale, immobilizzato si potrà marchiare.

Se invece si decide di atterrarlo a lotta un buttero si porta alla coda del vitello e cerca di impedirne i movimenti mentre un altro si avvicina alla testa ed afferrandolo per il muso e per le corna gli gira la testa per sbilanciarlo dopodiché simultaneamente i due butteri tirano il vitello verso sinistra atterrandolo e procedendo poi alla legatura delle zampe fase anche questa molto delicata e nella quale ci si avvale dell'aiuto dell'uncino.

Il secondo metodo, la presa a lotta, consiste nella disposizione di due uomini lungo la recinzione del tondino, ed un terzo munito di bastone che incita l'animale a fare più giri in senso orario, cercando di stancarlo e calmarlo. Con la  giusta posizione del vitello i due uomini allo steccato afferrano coda e testa, per rallentarne la corsa, una volta fermato l'animale in sincronia i due butteri atterrano l'animale, mentre l'uomo che prima lo faceva girare velocemente, con una corda, legherà le zampe del vitello immobilizzandolo.

La merca rappresentava un momento di festa per l'azienda ed anche di orgoglio del proprietario che poteva mostrare quanto belli fossero i suoi animali e quanto bravi i suoi butteri anche se difficilmente per loro il lavoro si chiudeva senza incidenti anche se sempre di modesta entità, di qui il detto "Chi va alla merca e non è mercato, alla merca non è stato".

 

LA DOMA DEI PULEDRI

Altro momento di particolare importanza e nel quale il Buttero dimostra tutto il suo mestiere è la Doma dei Puledri:
Il soggetto da domare viene sbrancato dal resto del branco e introdotto nel tondino, al centro del quale è infisso un robusto palo che termina a forcina detto “Giudice” o “Staccione”; qui lo attendono i domatori, alla cui vista il cavallo tenta di sfuggire, scartando, girando su se stesso, e galoppando sospinto dall’incitamento dei Butteri; dopo alcuni minuti di questo lavoro il Buttero afferra la lacciaia e tenta di catturare il puledro lanciandogliela al collo, il cappio della lacciaia raggiunge il collo dell’animale dalle sue spalle, in modo che il puledro, agile e veloce, non possa vedere l’insidia e quindi scartare all’ultimo momento evitandola. Una volta catturato il puledro, i butteri girano la corda intorno al giudice e continuano a far girare il puledro in modo che la lacciaia avvolgendosi al palo costringa il puledro ad avvicinarsi ad esso.

A questo punto il puledro cercherà di liberarsi in ogni maniera ma dopo un po’ imparerà che assecondando la corda e non tirandola, questa non gli farà alcun male e quindi si calmerà... A questo punto il puledro, sotto controllo tramite la lacciaia, viene avvicinato, molto cautamente dal domatore, il quale ha messo in cima all’uncino la cavezza maremmana aperta con lo scopo di infilarla alla testa del cavallo a distanza di sicurezza. Una volta infilata la cavezza e fatta passare intorno al giudice viene sfilata, sempre con l’aiuto dell’uncino, la lacciaia dal collo del cavallo; a questo punto il puledro avrà altre ribellioni ma una volta capito che anche dalla cavezza non si può fuggire si calmerà ed il Buttero comincerà ad allungare la corda e a far procedere al trotto ed al galoppo il puledro lungo il perimetro del tondino. Per alcuni giorni il puledro viene sottoposto esclusivamente a questo lavoro di addestramento alla corda, quando poi questo accetterà con rilassatezza questa fase il Buttero lo riavvicinerà al giudice ed inizierà la fase del contatto, toccandolo da ogni parte da prima con l’uncino e poi a mani nude per insegnargli a non temerlo....

Quando il puledro, dopo vari giorni, generalmente 10-15, avrà imparato a non temere l’uomo il Buttero passerà alla fase dell’insellaggio.
Questa è una delle operazioni più delicate e pericolose che il Buttero deve compiere, il puledro viene legato corto al giudice, al punto da averlo con la testa contro di esso e quindi ad avere la minore libertà di movimento possibile, a questo punto il puledro viene accarezzato dal Buttero sul collo, sulla groppa e sui fianchi, parlandogli, tranquillizzandolo e ripetendo le carezze che nel frattempo diventano degli schiaffetti amichevoli. A questo punto il domatore prende la sella e si avvicina al puledro, sempre parlandogli dolcemente, gliela mostra, gliela fa annusare e la porta a contatto con il collo dell’animale; poi, con prudenza e calma, viene appoggiato il sottopancia sul garrese e lo si fa scivolare lungo l’altro fianco; a seguito di ciò, quasi ne fosse un prolungamento, si appoggia la sella facendola scivolare delicatamente sulla schiena del puledro. A questo punto il Buttero afferra con l’uncino il sottopancia pendente dal fianco apposto dell’animale e lo si accosta, si mette il sottocoda e il pettorale sempre con estrema delicatezza e attenzione e, quando tutta la bardatura e ben fissata, si allenta la corda della cavezza e si fa allontanare il puledro dal giudice iniziando a farlo girare nel tondino. Le sgroppate a questo punto sono la norma e quindi il buttero deve spingere il puledro in avanti in modo da evitare che il puledro si getti a terra per liberarsi della sella; progressivamente però il puledro accetterà questa nuova presenza ed inizierà a girare più tranquillamente.

Dopo vari giorni di questo lavoro e quando il puledro sopporta bene la sella, non sgroppa più, gira in tondo alle due mani con le staffe pendenti lungo i fianchi, è giunto il momento di salire in sella. Il puledro viene nuovamente avvicinato al giudice e gli si infila, sopra la cavezza, un solido cavezzone di cuoio a cui sono fissate due redini di canapa che si incrociano sotto il mento del cavallo; a questo punto fa il suo ingresso nel tondino un cavallo anziano tranquillo e perfettamente addestrato detto “marrone” questo è montato da un Buttero esperto e la sua presenza serve sia a sfruttarne la mole, la forza e l’esperienza ma anche a dare tranquillità al puledro. Il Buttero che cavalca il marrone, affianca il puledro, e una volta ricevuta la corda della cavezza dal buttero a terra, inizierà a far girare il puledro in senso antiorario tenendolo a destra e quindi costringendolo tra il marrone e la staccionata del tondino; dopo un po’ di questo lavoro il Buttero sul marrone ferma i due animali, la testa del puledro viene fatta appoggiare sul collo del marrone ed il Buttero a terra lo avvicina dal lato sinistro: afferra le redini, infila il piede nella staffa e in un attimo sale in sella. A questo punto il Buttero sul marrone tenendo sempre il puledro molto vicino a se per la cavezza lo induce a fare i primi passi con l’uomo in groppa, così costretto il puledro cercherà faticosamente di ribellarsi e sgroppare cercando di disarcionare il suo cavaliere, quasi sempre senza successo. Dopo alcuni minuti il Buttero sul puledro non si limiterà più a stare passivo in sella cercando di non cadere, ma inizierà a far sentire l’azione delle gambe che incitano e delle redini che trattengono, che fanno voltare ora a destra, ora a sinistra e colpendo il cavallo con la parte terminale della redini per provocarne le ultime reazioni. Dopo questa fase continuerà poi nei mesi successivi il vero e proprio addestramento del cavallo.

 


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© Butteri d'Alta Maremma 1999