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I BUTTERI D'ALTA MAREMMA
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Il Buttero

("dal latino boum-ductor, conduttore di buoi o dal greco bùteros: bus, bue e teròs, pungolo")

E' un personaggio dall' alone eroico, che con il suo cavallo, ha affrontato più di ogni altro la natura ostile e selvaggia della Terra di Maremma.

La giornata del buttero cominciava prima del levar del sole quando si recava ai mandrioli per prendere la cavalcatura che poteva scegliere tra le tre o quattro a sua disposizione.

Il lavoro vero e proprio si svolgeva poi nei grandi recinti dove pascolavano i branchi di bestie da dover controllare, contare, spostare ed eventualmente recuperare nella folta macchia mediterranea che il buttero doveva conoscere a menadito.

Non vi erano giornate facili, ma in alcuni momenti dell' anno il lavoro si faceva ancora più duro, erano questi i periodi delle "figliature", della "spocciatura", della merca e della doma dei puledri bradi.

Oggi il lavoro dei pochi butteri rimasti è molto cambiato ma è sempre al Buttero che spetta il compito di mantenere vive le tradizioni della Maremma.

 

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Manuale di Monta Maremmana
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Glossario Termini Maremmani
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IL BUTTERO

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   Il buttero è stato fino a non molto tempo fa una figura insostituibile in Maremma, cioè in quella striscia di terra piana che dal fiume Cecina arriva fino a Roma e Latina conosciuta come la Maremma Tosco-Laziale. Area fatta di vasti spazi, di terreni impervi e di paludi. Qui era il regno della vacca e del cavallo maremmano, animali bradi, allevati in branchi numerosi nelle grandi aziende. Il buttero era il mandriano, l'uomo preposto alla cura delle bestie che raggiungeva a dorso dei robusti maremmani, un personaggio dall'alone eroico che rappresentava e rappresenta il simbolo di questa terra antica, era ed è il custode dei millenari segreti del suo mestiere. Oggi, spazzato via dall'industrializzazione, dalla civiltà delle macchine, dal consumismo, la figura del Buttero è mantenuta in vita da alcune associazioni che ne mantengono viva la memoria e le tradizioni.

Il buttero infatti non ha senso se non esistono grandi estensioni e branchi di bestiame brado. Tuttavia appartiene all'immaginario collettivo della Maremma, la rappresenta così come la rappresentano le vacche dalle grandi corna a lira che ancora pascolano nella piana di Alberese. Per questo oggi la monta maremmana, le evoluzioni di molti butteri dilettanti fanno spettacolo. Solo in pochissime aziende che si contano sulle dita di una mano, questo antico mestiere non è solo folklore ma continua ad essere lavoro vero e proprio anche se ridotto e molto meno duro di un tempo.

È impossibile immaginare di controllare oltre 500 capi di vacche e tori maremmani bradi e 120 cavalli senza l'ausilio dei butteri e questo era il loro lavoro. L'azienda era costituita da un agglomerato di edifici che fungevano da abitazioni per il personale, stalle, depositi ecc, l'azienda era suddivisa in azienda del campo e azienda del bestiame, al loro interno regnava una ferrea disciplina e su tutti dominava la figura del fattore. A capo dell'azienda del bestiame c'era il Massaro questa era una persona dotata di particolari doti di occhio e doveva possedere una profonda conoscenza del bestiame bovino ed equino, essere abile nel maneggio del cavallo e della l'acciaia e in tutte le operazioni col bestiame (domatura, castrazione, marchiatura ecc..), di solito questo era un mestiere che si trasmetteva per discendenza. Alle sue dipendenze il massaro aveva i Butteri o cavalcanti (come si chiamano nel Lazio) in numero di 3, 6, 7 a seconda delle dimensioni dell'allevamento, questi dovevano essere abili nel montare a cavallo, nell'uso della lacciaia, nel lavoro nei rimessini e nella doma.

 

IL LAVORO

La giornata del buttero iniziava molto presto quando ancora era buio, ogni buttero aveva a disposizione 3 o 4 cavalli e in virtù delle mansioni da svolgere nella giornata il buttero sceglieva quello più adatto. Generalmente il lavoro quotidiano consisteva nella "Richiesta" (giro di ispezione quotidiano a tutto il bestiame) nella quale si controllavano le "punte" cioè i gruppi di bestiame in cui era diviso l'allevamento a seconda dell'età, del sesso o del periodo rispetto alla riproduzione e si potevano così avere la punta delle figliate, quella delle accorte (cioè prossima al parto). Il controllo riguardava il numero dei capi ed il loro stato di salute con particolare attenzione ai vitelli ed ai vannini (puledri sotto l'anno di età cioè fino alla smammatura) si controllavano gli stecconati e gli abbeveratoi delle serrate (prato naturale recintato dell'estensione di venti ettari). Il lavoro aumentava in primavera quando cominciano a nascere puledri e vitelli e iniziavano le monte brade di tori e stalloni. Ogni maschio con il suo gruppo e bisogna sapere di chi sono figlie fattrici e vacche nutrici per non farle montare da riproduttori della stessa linea di sangue. Nella seconda decade di febbraio, quando ci si avvicinava al periodo delle figliature, iniziava infatti la separazione delle vacche prossime al parto (le accorte) dalle "svitellate", le accorte vengono quindi portate in un pascolo buono e richieste (controllate) due volte al giorno, ogni puledro o vitello nato doveva essere annotato su un registro segnandovi i segni caratteristici e se questo può essere semplice per i puledri, molto più difficile lo era per i vitelli, infatti i vitelli maremmani nascono fromentini per poi mutarsi in grigio. Le vacche figliate, 10-15 giorni dopo il parto venivano trasferite in pascoli più ricchi e da allora fino alla spocciatura (separazione dei vitelli dalle madri) saranno continuamente spostate da un pascolo esaurito ad un altro migliore per garantire ai vitelli la migliore alimentazione possibile. Quindi alla fine di marzo si avevano nell'allevamento tre punte di vacche, le accorte, le figliate ed il tronco costituito dalle vacche rimaste "sode" (non gravide). Nella prima decade di aprile viene effettuato lo scarto delle vacche vecchie, non adatte alla riproduzione o con imperfezioni fisiche o che mal sopportano la vita brada, queste vengono lasciate ai pascoli ad ingrassare fino alla metà di giugno e poi inviate al macello. I vitelli nati nell'anno verranno poi spocciati dal 1 al 5 dicembre, a tal fine si scelgono per evitare il distacco brusco tra madre e vitello due riserve adiacenti divise da una stecconata, una volta radunate le vacche nei pressi del cancello tra le due riserve, qui uno o più butteri parano le vacche che cercano di scappare e altri due butteri iniziano manovrando opportunamente il cavallo ed utilizzando l'uncino a separare una ad una le madri dai vitellini avviandole verso l'altra riserva. Una volta separati i vitelli verranno lasciati nel recinto accanto alle madri e sorvegliati soprattutto nelle ore in cui erano soliti fare la poppata per evitare che si facciano male ammassandosi alla staccionata che li divide dalle madri, quando poi i vitelli si sono abituati vengono portati in pascoli buoni e a marzo viene poi effettuata la separazione tra i maschi e la femmine. Infine a maggio generalmente nella seconda quindicina, periodo in cui l'animale ha già "scafato" cioè perso il pelo invernale viene effettuata La Merca.

 

LA MERCA DEL BESTIAME

   Con fatica e incitamenti, aiutandosi con lunghi bastoni, le mandrie venivano guidate ad un recinto. Maggiore era l'attenzione se si trattava di bovini di razza Maremmana, forti, dalle lunghe corna e di mole robusta che possono diventare estremamente aggressivi se irritati. Dal recinto ogni animale è separato dal gruppo (sbrancato) dai butteri a cavallo, e indirizzato verso il tondino (recinto circolare), per la marchiatura, o allo strettoio se necessita  di cure, dove viene immobilizzato e sottoposto ai trattamenti.

Nel tondino se ad essere sottoposto alla merca è un vitello, entrano 3 uomini, nel frattempo sul fuoco sono stati posti a riscaldare i marchi da apporre, uno per l'anno di nascita o di marchiatura, uno per il numero progressivo dell'animale, che verranno impressi ai lati della groppa, ed infine quello che rappresenta il simbolo dell'allevamento, sarà visibile sulla coscia. Il vitello maremmano ad un anno è già sviluppato, agile e forte per la vita libera che ha condotto, e dentro il tondino è estremamente nervoso  per essere stato separato dal gruppo e dalla vicinanza degli uomini, quindi tutt'altro che arrendevole, atterrarlo e impastoiarlo sarà operazione poco semplice che si può svolgere in due modi con la lacciaia o a lotta:

Nel metodo con la lacciaia si utilizza una corda lunga 10/12 metri, la lacciaia appunto, che ha ad un capo un anello di ferro dove si fa passare il capo opposto, per formare il cappio , da lanciare  sulle corna del vitello. Chi lo adopera si pone vicino al palo fisso posto nel centro del tondino detto giudice, mentre un compagno fa girare il vitello nel tondino in senso orario in modo che la l'acciaia arrivi sull'animale dal davanti (contrariamente a quanto avviene per i puledri che vengono fatti girare in senso antiorario e la corda arriva alla testa del cavallo da dietro), chi tiene la lacciaia catturerà l'animale e quando sarà preso, la corda verrà velocemente avvolta allo steccato e recuperata  con cura, per impedire la libertà di movimento al vitello. A questo punto si può operare in due modi o atterrarlo con le pastorelle o a lotta.

Se si usano le pastorelle uno dei butteri lo afferra il vitello per la coda mentre gli altri due passano velocemente  le pastorelle intorno alle zampe, simultaneamente verranno infine tirate sia la corda che imprigiona le zampe anteriori che quelle posteriori, in modo da far coricare sul lato sinistro l'animale, immobilizzato si potrà marchiare.

Se invece si decide di atterrarlo a lotta un buttero si porta alla coda del vitello e cerca di impedirne i movimenti mentre un altro si avvicina alla testa ed afferrandolo per il muso e per le corna gli gira la testa per sbilanciarlo dopodiché simultaneamente i due butteri tirano il vitello verso sinistra atterrandolo e procedendo poi alla legatura delle zampe fase anche questa molto delicata e nella quale ci si avvale dell'aiuto dell'uncino.

Il secondo metodo, la presa a lotta, consiste nella disposizione di due uomini lungo la recinzione del tondino, ed un terzo munito di bastone che incita l'animale a fare più giri in senso orario, cercando di stancarlo e calmarlo. Con la  giusta posizione del vitello i due uomini allo steccato afferrano coda e testa, per rallentarne la corsa, una volta fermato l'animale in sincronia i due butteri atterrano l'animale, mentre l'uomo che prima lo faceva girare velocemente, con una corda, legherà le zampe del vitello immobilizzandolo.

La merca rappresentava un momento di festa per l'azienda ed anche di orgoglio del proprietario che poteva mostrare quanto belli fossero i suoi animali e quanto bravi i suoi butteri anche se difficilmente per loro il lavoro si chiudeva senza incidenti anche se sempre di modesta entità, di qui il detto "Chi va alla merca e non è mercato, alla merca non è stato".

 

LA DOMA DEI PULEDRI

   Altro momento di particolare importanza e nel quale il Buttero dimostra tutto il suo mestiere è la Doma dei Puledri:
Il soggetto da domare viene sbrancato dal resto del branco e introdotto nel tondino, al centro del quale è infisso un robusto palo che termina a forcina detto “Giudice” o “Staccione”; qui lo attendono i domatori, alla cui vista il cavallo tenta di sfuggire, scartando, girando su se stesso, e galoppando sospinto dall’incitamento dei Butteri; dopo alcuni minuti di questo lavoro il Buttero afferra la lacciaia e tenta di catturare il puledro lanciandogliela al collo, il cappio della lacciaia raggiunge il collo dell’animale dalle sue spalle, in modo che il puledro, agile e veloce, non possa vedere l’insidia e quindi scartare all’ultimo momento evitandola. Una volta catturato il puledro, i butteri girano la corda intorno al giudice e continuano a far girare il puledro in modo che la lacciaia avvolgendosi al palo costringa il puledro ad avvicinarsi ad esso.

A questo punto il puledro cercherà di liberarsi in ogni maniera ma dopo un po’ imparerà che assecondando la corda e non tirandola, questa non gli farà alcun male e quindi si calmerà... A questo punto il puledro, sotto controllo tramite la lacciaia, viene avvicinato, molto cautamente dal domatore, il quale ha messo in cima all’uncino la cavezza maremmana aperta con lo scopo di infilarla alla testa del cavallo a distanza di sicurezza. Una volta infilata la cavezza e fatta passare intorno al giudice viene sfilata, sempre con l’aiuto dell’uncino, la lacciaia dal collo del cavallo; a questo punto il puledro avrà altre ribellioni ma una volta capito che anche dalla cavezza non si può fuggire si calmerà ed il Buttero comincerà ad allungare la corda e a far procedere al trotto ed al galoppo il puledro lungo il perimetro del tondino. Per alcuni giorni il puledro viene sottoposto esclusivamente a questo lavoro di addestramento alla corda, quando poi questo accetterà con rilassatezza questa fase il Buttero lo riavvicinerà al giudice ed inizierà la fase del contatto, toccandolo da ogni parte da prima con l’uncino e poi a mani nude per insegnargli a non temerlo....

Quando il puledro, dopo vari giorni, generalmente 10-15, avrà imparato a non temere l’uomo il Buttero passerà alla fase dell’insellaggio.
Questa è una delle operazioni più delicate e pericolose che il Buttero deve compiere, il puledro viene legato corto al giudice, al punto da averlo con la testa contro di esso e quindi ad avere la minore libertà di movimento possibile, a questo punto il puledro viene accarezzato dal Buttero sul collo, sulla groppa e sui fianchi, parlandogli, tranquillizzandolo e ripetendo le carezze che nel frattempo diventano degli schiaffetti amichevoli. A questo punto il domatore prende la sella e si avvicina al puledro, sempre parlandogli dolcemente, gliela mostra, gliela fa annusare e la porta a contatto con il collo dell’animale; poi, con prudenza e calma, viene appoggiato il sottopancia sul garrese e lo si fa scivolare lungo l’altro fianco; a seguito di ciò, quasi ne fosse un prolungamento, si appoggia la sella facendola scivolare delicatamente sulla schiena del puledro. A questo punto il Buttero afferra con l’uncino il sottopancia pendente dal fianco apposto dell’animale e lo si accosta, si mette il sottocoda e il pettorale sempre con estrema delicatezza e attenzione e, quando tutta la bardatura e ben fissata, si allenta la corda della cavezza e si fa allontanare il puledro dal giudice iniziando a farlo girare nel tondino. Le sgroppate a questo punto sono la norma e quindi il buttero deve spingere il puledro in avanti in modo da evitare che il puledro si getti a terra per liberarsi della sella; progressivamente però il puledro accetterà questa nuova presenza ed inizierà a girare più tranquillamente.

Dopo vari giorni di questo lavoro e quando il puledro sopporta bene la sella, non sgroppa più, gira in tondo alle due mani con le staffe pendenti lungo i fianchi, è giunto il momento di salire in sella. Il puledro viene nuovamente avvicinato al giudice e gli si infila, sopra la cavezza, un solido cavezzone di cuoio a cui sono fissate due redini di canapa che si incrociano sotto il mento del cavallo; a questo punto fa il suo ingresso nel tondino un cavallo anziano tranquillo e perfettamente addestrato detto “marrone” questo è montato da un Buttero esperto e la sua presenza serve sia a sfruttarne la mole, la forza e l’esperienza ma anche a dare tranquillità al puledro. Il Buttero che cavalca il marrone, affianca il puledro, e una volta ricevuta la corda della cavezza dal buttero a terra, inizierà a far girare il puledro in senso antiorario tenendolo a destra e quindi costringendolo tra il marrone e la staccionata del tondino; dopo un po’ di questo lavoro il Buttero sul marrone ferma i due animali, la testa del puledro viene fatta appoggiare sul collo del marrone ed il Buttero a terra lo avvicina dal lato sinistro: afferra le redini, infila il piede nella staffa e in un attimo sale in sella. A questo punto il Buttero sul marrone tenendo sempre il puledro molto vicino a se per la cavezza lo induce a fare i primi passi con l’uomo in groppa, così costretto il puledro cercherà faticosamente di ribellarsi e sgroppare cercando di disarcionare il suo cavaliere, quasi sempre senza successo. Dopo alcuni minuti il Buttero sul puledro non si limiterà più a stare passivo in sella cercando di non cadere, ma inizierà a far sentire l’azione delle gambe che incitano e delle redini che trattengono, che fanno voltare ora a destra, ora a sinistra e colpendo il cavallo con la parte terminale della redini per provocarne le ultime reazioni. Dopo questa fase continuerà poi nei mesi successivi il vero e proprio addestramento del cavallo.

 

LE SELLE DEI BUTTERI

La Maremmana o sella Buttera

                              

      Conosciuta anche come Sella col Pallino, è stata a lungo utilizzata nella Maremma grossetana e livornese. Di foggia spagnola è caduta in disuso da tempo, si pensa che sia stata introdotta con lo Stato dei Presidi alla metà del 1500 quando la Maremma a seguito della sconfitta della Repubblica di Siena venne spartita tra la Spagna e il Ducato di Firenze. Era una sella molto robusta, fissata al cavallo con finimenti realizzati con un doppio strato di cuoio, imbottita nei punti di massimo attrito con il cavallo per evitare le "fiaccature" (piaghe da sfregamento). Le staffe erano in ferro battuto, molto piccole, da far entrare solo la punta dello stivale. La decadenza di questa sella è iniziata intorno agli anni '20, quando è stata progressivamente sostituita dalla bardella e dalla più pratica scafarda.

 

La Bardella

     Bardellone da Doma   

E' la sella del cavalcante per eccellenza, a lungo usata nell'intero territorio maremmano. È praticamente priva di arcione, è molto povera dato che la sua fabbricazione richiede poco pellame e ha solo un piccolo frontale di legno a semicerchio. È molto grande, molto confortevole per il cavaliere, esiste nel modello da doma, detto bardellone , la toscanella, più pregiata e la più essenziale tolfetana. I butteri dell'Azienda Agricola Regionale di Alberese la usano esclusivamente per la doma, dato che nella Maremma grossetana ha subito una progressiva decadenza ed è stata completamente sostituita dalla scafarda. Continua, invece, ad essere molto usata nel viterbese e nella provincia di Roma.

 

La Scafarda

          Era la sella regolamentare delle truppe di cavalleria. Era una sella concepita per attività belliche, andata in pensione per questo uso dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. È a partire dagli anni '20 che i butteri del Regio Deposito Stalloni dell'Esercito, oggi Centro Militare Veterinario, alle porte di Grosseto, hanno cominciato ad usarla. Da allora ha avuto una inarrestabile ascesa. Si tratta infatti di una sella meno professionale, ma più versatile della maremmana, più confortevole e più robusta della bardella, realizzata in vacchetta, con cuscini imbottiti e protetti con rivestimenti in cuoio. È la sella più usata dai butteri maremmani, infatti proprio a Grosseto ci sono alcuni giovani artigiani che la producono, mentre non si è affermata nel Lazio. La sua affidabilità e comodità, che la rendono eccezionale in campagna e nel trekking, le hanno fatto guadagnare anche un vasto mercato amatoriale


GLOSSARIO DEI TERMINI MAREMMANI

ACCODATURA uso della coda del cavallo per traino.
ACCORATORA allacciatura fatta ai bovini.
AFFIENARE spargere il fieno all'aperto a piccoli mucchi per il bestiame
AMMARRONARE usare il marrone nella doma del puledro.
APPALLINARE legare con la lacciara una bestia al pallino della sella
ARMARE bardare, mettere sella e finimenti al cavallo.
ARMATURA bardatura del cavallo
ASSOLARE cavalcare il puledro in fase di donna senza il marrone.
AUCCO urlo tipico del buttero per chiamare il bestiame.
BATTIFANGO camarra di cuoio che unisce il pettorale al sottopancia.
BARDELLA sella viterbese.
BARDELLINO guarnizione della sella buttera CoI pallino.
BARDELLONE bardella da doma.
BATTIPETTO o SCACClAMOSCHE fregio in cuoio del pettorale.
BERTA riscontro che serve per legare la lacciara nella sella col pallino.
BESTIAIO operaio che lavora con il bestiame.
BIRRACCHIO o MANZINARO maschio vaccino dì uno o due anni.
BISACCE borse per sella da lavoro
BORCHIATELLA barbozzale.
BORELLI appoggi anteriori nella sella buttera.
BORRONI appoggi posteriori nella sella buttera.
BRIGLIA ASCIUTTA fase della doma in cui si passa dal mazzetto alla briglia sola.
BUTTERO cavalcante che accudisce al bestiame.
CAMARRA cinghia in cuoio tra sottopancia e testiera per inpedire alzarsi della testa.
CAMARRO bue vecchio.
CAMPANARA bestia anziana che guida il branco.
CAPARE scegliere e togliere dal branco.
CAPEZZONE finimento in cuoio con due redini di corda per la prima domatura.
CAPEZZA DA GIRO usata per girare i puledri alla staggia.
CAROSO puledro di uno o due anni già marcato.
CATANA tascapane in cuoio con tracolla.
CAVALCANTE addetto al bestiame equino.
CAVALCATURA cavallo domo da servizio.
CAVALLARO domatore di cavalli.
CERATA impermeabile fatto a mano di lino impermeabilizzato con olio di lino cotto.
CERRATA bastone usato per i buoi.
CODALE accessorio della sella da lavoro.
CONTA inventano del bestiame brado.
COTRAPPASSO andatura particolare del cavallo da servizio in quattro tempi.
CROGNOLO legno usato per i bastoni
COSCIALI o GUARDAMACCHIA sovracalzoni in pelle o pelo  animale
GIUDICE palo al centro del tondino.
GUARDIANO guardia giurata addetta alla sorveglianza.
GUIDARELLO cavallo castrato che guida il branco.
IMPASTOIARE legare le zampe con laccio.
INCASTRINO corridoio di filagne molto stretto.
INCHIODATURA ferita provocata dal chiodo nella ferratura.
INCORNATURA disposizione delle corna in bestia vaccina.
INTAVOLATO cavallo che non gira ad una mano.
LACCIAIA corda per catturare gli animali.
LASCO terreno umido con vegetazione.
LATTARINO puledro di 1 anno.
LESTRA capanno primitivo di frasche.
MANDRIOLO recinto chiuso adiacente al rimessino.
MANDRIONE serrata per il pascolo.
MANSO cavallo affidabile.
MARRONE cavallo castrato a servizio per la doma dei puledri.
MASSARO capo del bestiame.
MASSERIA azienda agricola intera.
MAZZARELLA bastone nella maremma laziale,
MAZZETTO insieme delle redini del capezzone e della briglia.
MERCA marchiatura a fuoco.
MERCO marchio in ferro cm le iniziali del proprietario o anno di mecca.
OMO Dl LEGNO palo al centro del tondino nel Lazio.
PALLINO pomo nella sella maremmana toscana.
PARATA fermata improvvisa nel cavallo.
PASSONATA staccionata i. legno.
PANTASCE grassella.
PASTOIA o PASTORELLE  laccio con cui si legano le zampe del bestiame.
PETTORALE finimento delta sella da lavoro.
PEZZATA pietanza viterbese fatta con carne di pecora.
PORTANTE andatura in due tempi dovuta al movimento alternato dei bipiedi laterali.
PUNGOLO bastone per buoi.
PUNTA razzetta di cavalla con stallone.
RIARTO raduno di cavalcanti.
RIBUTTATO cavallo che ha acquisito difetti nel corso della doma.
RICHIESTA giro di controllo quotidiano del bestiame fatto dal buttero.
RIMESSA
serrata per pascolo.
RIMESSINO o TONDINO
recinto poligonale per la doma.
ROCCIA
anello in ferro per la chiusura dei cancelli.
SBARDELLARE
essere disarcionato.
SBRIGLIATURA
fase della doma in cui si usa la briglia asciutta.
SCAFARDA
sella militare da batteria, usata nel Grossetano.
SCAFATURA
muta del pelo.
SCALAROLA
chiusura mobile di un recinto fatta di filo di ferro.
SCIARMARE
togliere la bardatura.
SCOZZONARE
prima fase di doma.
SCOZZONATORE
chi monta in sella la prima volta.
SCUCITA
bestia con brutte forme.
SFROCIARE
brontolio con le narici nel cavallo.
SPOCCIATURA
svezzamento a sei sette mesi.
SMACCHIARE
portare il bestiame fuori dalla macchia.
SMONTONATA
sgroppata violenta.
SODA
bestia non gravida.
SOTTOCODA
Codale.
SQUINZAGLIO
sassiga nelle selle da lavoro.
STACCA
cavalla di tre o quattro anni.
STACCIONE
palo al centro del rimessino.
STACCIONATA
recinzione in legno.
STRINGERE
radunare i cavalli.
SUSTE
redini del capezzone.
UNCINO
bastone del Buttero nel Grossetano.
VERTE
bisaccia tipica del Viterbese.

 

i Termini sono tratti dal

Manuale di Monta Maremmana

a cura di:
Italo Molinari - Marino Mancini
Antonio Bonelli - Fabio Sabatini

 

         
   

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  © Butteri d'Alta Maremma 1999